https://www.ilcastellodielsinore.it/index.php/Elsinore/issue/feedIl castello di Elsinore2024-06-08T02:09:45+00:00Redazione "Il castello di Elsinore"redazione@ilcastellodielsinore.itOpen Journal Systems<p>Il castello di Elsinore è una rivista semestrale di teatro profondamente radicata nell’Università italiana. Nata nel 1988 e curata dal DAMS (Dipartimento di Discipline Artistiche, Musicali e dello Spettacolo) dell’Università di Torino, la rivista raccoglieva nel suo comitato direttivo quasi la metà degli ordinari di Storia del teatro in Italia e illustri studiosi di università straniere. Dal 2008 è pubblicata dalle Edizioni di Pagina. La rivista è articolata in tre sezioni: la prima, intitolata <strong>Saggi</strong>, comprende rigorosi studi critici su personaggi e opere della storia del teatro e dello spettacolo; la seconda, <strong>Materiali</strong>, raccoglie e cura documenti, lettere e riflessioni di poetica; la terza, <strong>Libri</strong> (o Polemiche), recensisce e analizza gli avvenimenti più significativi della stagione teatrale italiana e straniera. I temi di cui la rivista si occupa sono svariati e attraversano l’intera storia del teatro europeo, dal teatro greco alla Commedia dell’Arte, dal teatro rinascimentale italiano al teatro nordico di Ibsen e Strindberg, dal simbolismo europeo a Pirandello.</p>https://www.ilcastellodielsinore.it/index.php/Elsinore/article/view/311Riscrittura, travestimento e "blackface" nella commedia italiana2024-06-07T02:09:36+00:00Lies Verbaerelies.verbaere01@universitadipavia.it<p style="font-weight: 400;">L’articolo indaga la riscrittura dell’<em>Eunuco </em>di Terenzio da parte di Giovanni Battista Calderari, il quale ancora prima dell’olandese Gerbrand Adriaenszoon Bredero con la celebre commedia <em>Moortje </em>trasforma il personaggio «altro» dell’eunuco in una Mora. L’articolo esplora le implicazioni di tale scelta per quanto riguarda questioni di genere, etnia e performance. Il saggio dimostra che la decisione di usare la Mora come figura «altra» è verosimilmente dettata non soltanto dalla presenza dei Mori nell’Italia rinascimentale o dalla comicità che possono suscitare le battute riguardo a quest’«altro», ma soprattutto dalla reputazione sessuale dei Mori e dalle possibilità sceniche che la pratica della <em>blackface </em>permette. Attraverso l’uso della <em>blackface</em>, Calderari rende la finzione scenica il centro della commedia e, avvalendosi di un attore travestito da schiava mora, porta in scena la fascinazione dell’eros. </p>2024-06-06T00:00:00+00:00Copyright (c) 2024 Lies Verbaerehttps://www.ilcastellodielsinore.it/index.php/Elsinore/article/view/312Sul costo degli spettacoli per il matrimonio di Ferdinando I de’ Medici (1589) e i limiti della «magnificenza»2024-06-07T08:03:01+00:00Francesca Fantappièfantafrancesca@gmail.com<p style="font-weight: 400;">L’articolo esamina i costi degli spettacoli teatrali medicei del 1589. La loro valutazione e relativa ripartizione in vari capitoli (scenografia, costumi, musica, illuminazione, ecc.) è resa possibile grazie all’analisi di due bilanci, conservati nel fondo S<em>indaci, Soprassindaci e Ufficio delle Revisioni</em><em>, </em>istituzione preposta al controllo e verifica delle spese dello Stato. Questa puntuale documentazione contabile, messa a confronto con le testimonianze enfatiche e magniloquenti delle descrizioni a stampa, così come della memorialistica cittadina e delle corrispondenze epistolari, permette di individuare due differenti tipologie di spesa, le quali sono enucleate e distinte in <em>spesa fittizia </em>e <em>spesa reale</em>. La prima, costituita da cifre irrealistiche e favolose, veicola l’immagine di un sovrano magnifico e liberale che non avrebbe mai badato a spese, mentre la seconda restituisce un quadro scrupoloso e oculato dei meccanismi materiali di produzione, nel quale ogni conto di spesa era sottoposto a negoziazione e giustificazione, applicando varie strategie di risparmio, dal riciclo dei materiali alla scelta di quelli più convenienti. In ultima istanza, esplorandone i limiti concreti, si restituisce uno scenario inedito della magnificenza di corte.</p>2024-06-06T00:00:00+00:00Copyright (c) 2024 Francesca Fantappièhttps://www.ilcastellodielsinore.it/index.php/Elsinore/article/view/313Il demone piagnolone, ovvero qualche traduzione di Giselle in Italia2024-06-07T02:09:36+00:00Elena Cervellatie.cervellati@unibo.it<p style="font-weight: 400;"><em>Giselle </em>(Paris 1841), balletto emblema del romanticismo in danza, a breve distanza dal debutto viene rappresentato in tutta Europa e si diffonde pure in Italia, in un articolato percorso che ha inizio nel 1842 da Torino per toccare, nel corso del XIX secolo, un considerevole numero di piazze. Il titolo si trasforma subito <em>Gisella</em>, in una traduzione non soltanto linguistica, ma interculturale: lo spettacolo messo in scena nella penisola, non sempre accolto con favore, è infatti spesso il risultato di un adeguamento alle pratiche in essere in ogni teatro e viene spesso modificato nei contenuti, al fine di renderlo comprensibile e gradito al pubblico locale. Il saggio prende in particolare in esame le prime due versioni italiane di <em>Giselle</em>, quella torinese, con Nathalie Fitzjames e Arthur Saint-Léon, e quella milanese (1843), con Fanny Cerrito e Francesco Merante, soffermandosi sulla loro struttura drammaturgica, a partire dai rispettivi libretti, e sull’accoglienza da parte del pubblico, in base alla stampa coeva.</p>2024-06-06T00:00:00+00:00Copyright (c) 2024 Elena Cervellatihttps://www.ilcastellodielsinore.it/index.php/Elsinore/article/view/314Le <Memorie> e la Storia delle marionette di Giuseppe Crimi (1854-1937)2024-06-07T02:09:35+00:00Carmelo Crimicarmelougocrimi@gmail.com<p style="font-weight: 400;">Il teatro dei pupi a Catania, nell’Ottocento, è oggetto di numerose indagini che ne hanno esplorato le complesse valenze culturali e sociali. In questo articolo sono pubblicati per la prima volta insieme due testi significativi di Giuseppe Crimi (1854-1937) che in essi mise in luce l’attività di puparo a Catania, fin dal 1835, di suo padre Gaetano (Licata 1808 - Catania 1873). I due testi, composti tra il 1923 e il 1927, sono animati da intenti polemici e rivendicano il primato di Gaetano e della sua famiglia di pupari e attori rispetto a quella rivale dei Grasso. In particolare, le <<em>Memorie</em>> sono costruite su uno schema “drammatico” che fa di Gaetano il protagonista e dei suoi figli Carmelo, Francesco e Giuseppe i deuteragonisti.</p>2024-06-06T16:52:41+00:00Copyright (c) 2024 Carmelo Crimihttps://www.ilcastellodielsinore.it/index.php/Elsinore/article/view/315“Il Giuoco delle parti” tra plagi veri e plagi immaginari (Vosper e Bernstein)2024-06-08T02:09:45+00:00Elisabetta Gucciardielisabetta.guccia@edu.unito.it<p style="font-weight: 400;">L'obiettivo del presente lavoro è quello di mettere a confronto "Il Giuoco delle parti" di Luigi Pirandello e "People Like Us" di Frank Permain Vosper, analizzando i personaggi e le tematiche affrontate per far emergere analogie e differenze. Quest’analisi getterà le basi a favore dell'idea che il plagio visto da Pirandello sia un errore, dato dalla difficoltà di quest'ultimo di portare alla coscienza i temi erotici e scabrosi che egli stesso ha inserito nella sua opera teatrale. L'ultima parte del lavoro sarà quindi dedicata a sostenere questa idea attraverso una breve analisi di "Le venin" di Henri Bernstein, un'opera teatrale con temi sorprendentemente simili a quelli inseriti nell'opera di Pirandello, eppure aspramente valutati dal suo autore. Questo lavoro intende, in ultimo, dimostrare che il plagio visto dall’agrigentino in "People Like Us" è un lapsus freudiano dato dall'incapacità dello stesso Pirandello di portare alla coscienza i suoi fantasmi erotici.</p>2024-06-07T07:14:21+00:00Copyright (c) 2024 Elisabetta Gucciardihttps://www.ilcastellodielsinore.it/index.php/Elsinore/article/view/316Il gioco del dio fanciullo2024-06-08T02:09:45+00:00Gisella Rotirotigisella.rotiroti@gmail.com<p style="font-weight: 400;">Come un filo rosso il tema del gioco attraversa lo spettacolo <em>Destinazione non umana</em>, incontrando diverse teorie e trattazioni filosofiche. La più antica riflessione sul gioco risale ad Eraclito per il quale “la vita è un fanciullo che gioca, che sposta i pezzi sulla scacchiera: reggimento di un fanciullo”. Nietzsche riprende la metafora del παῖς παίζων per descrivere l’operare dell’artista: in un mondo privo di morale l’artista crea e distrugge obbedendo ad una necessità interiore. Nina rappresenta entrambe le figure, il fanciullo di Eraclito e quello di Nietzsche: il dio del cosmo che sposta le tessere sulla scacchiera ed il dio artista che tesse i fili del racconto e crea la favola tragica dello spettacolo. Giocare a immaginare la vita permette di assumere una nuova identità e di creare nuove possibilità. I fragili cavallini giocattolo, nella realtà del mondo torturati da un dio che muove tutto per caso e per fortuna, grazie al sogno del teatro sono divenuti giocatori, attori, artisti.</p>2024-06-07T08:15:47+00:00Copyright (c) 2024 Gisella Rotirotihttps://www.ilcastellodielsinore.it/index.php/Elsinore/article/view/317Tre sorelle di Muta Imago, non di Čechov, epperò spettacolo assai bello2024-06-08T02:09:45+00:00Roberto Alonger.alonge@unito.it<p> </p>2024-06-07T00:00:00+00:00Copyright (c) 2024 Roberto Alonge