Il castello di Elsinore
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<p>Il castello di Elsinore è una rivista semestrale di teatro profondamente radicata nell’Università italiana. Nata nel 1988 e curata dal DAMS (Dipartimento di Discipline Artistiche, Musicali e dello Spettacolo) dell’Università di Torino, la rivista raccoglieva nel suo comitato direttivo quasi la metà degli ordinari di Storia del teatro in Italia e illustri studiosi di università straniere. Dal 2008 è pubblicata dalle Edizioni di Pagina. La rivista è articolata in tre sezioni: la prima, intitolata <strong>Saggi</strong>, comprende rigorosi studi critici su personaggi e opere della storia del teatro e dello spettacolo; la seconda, <strong>Materiali</strong>, raccoglie e cura documenti, lettere e riflessioni di poetica; la terza, <strong>Libri</strong> (o Polemiche), recensisce e analizza gli avvenimenti più significativi della stagione teatrale italiana e straniera. I temi di cui la rivista si occupa sono svariati e attraversano l’intera storia del teatro europeo, dal teatro greco alla Commedia dell’Arte, dal teatro rinascimentale italiano al teatro nordico di Ibsen e Strindberg, dal simbolismo europeo a Pirandello.</p>Edizioni Di Paginait-ITIl castello di Elsinore0394-9389<p><strong>Il castello di Elsinore</strong> applica una licenza <a href="http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/">Creative Commons Attribution 4.0 International License</a> a tutto il materiale pubblicato.</p> <p>Con la licenza CC-BY <strong>(<a href="https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/">CC-BY-4.0</a>)</strong>, gli autori mantengono il copyright sui loro contributi, garantendo tuttavia a chiunque la possibilità di scaricare, riusare, ristampare, modificare, distribuire e/o copiare i materiali pubblicati da "Il castello di Elsinore", con la sola condizione che siano correttamente citati l'autore e il titolo della rivista.</p> <p><a href="http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/"><img src="https://i.creativecommons.org/l/by/4.0/88x31.png" alt="Creative Commons License"></a></p> <p>Non è necessario richiedere ulteriori autorizzazioni all'autore o alla redazione della rivista.</p> <p> </p>Un assolutismo bene temperato. Sovranità e teologia politica in Measure for Measure
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<p style="font-weight: 400;">Il saggio propone una lettura della figura del Duca in <em>Measure for Measure</em>, traendo spunto dalle riflessioni di Schmitt sulla categoria del ‘politico’ quale teologia secolarizzata e dalle indagini sulla cultura e la drammaturgia barocca condotte da Walter Benjamin e Antonio Maravall. Il saggio mira a dimostrare come <em>Measure for Measure</em> rappresenti il definitivo tramonto dell’immagine sacrale della sovranità. L’assolutismo del Duca e la sua decisione sullo stato di eccezione simboleggiano un’idea di teologia politica del tutto secolarizzata, che utilizza strumentalmente strategie del consenso tipiche delle pratiche religiose controriformiste (in particolare la confessione) per manipolare e controllare le coscienze, allo scopo di consolidare il suo potere, così come prescrivono i trattati coevi sull’arte politica. Il finale irrisolto, tuttavia, getta un’ombra sulla riuscita dell’intento del Duca, ovvero instaurare, quale ultimo atto della sua teologia politica, il Regno terreno nella città di Vienna. Le sue decisioni discutibili e la reazione ambigua di Angelo e Isabella evidenziano piuttosto limiti e contraddizioni di tale progetto politico.</p>Renato Rizzoli
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2025-01-132025-01-139193910.53235/10.53235/ 2036-5624/136Intermezzi precoci
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<p style="font-weight: 400;">Mediante l’esame della <em>Circe</em> d’Ivanovi<em>ć</em><em> (1665)</em><em>,</em> di <em>Elena rapita da Paride </em><em>(1681)</em>, del <em>Re infante </em><em>(1694)</em><em>, </em>della <em>Fede ne’ tradimenti</em>e (1697) e dell’<em>Aminta</em> di Zeno (1703) si osservano alcuni fenomeni relativi alla nascita dell’intermezzo.</p>Anna Laura Bellina
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2025-01-132025-01-1391417210.53235/2036-5624/137"La figlia di Iorio": la società patriarcale, il “diverso” e la donna libera, fra dramma borghese e melodramma
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<p>L’articolo analizza il testo mediante diversi strumenti critici. Mette in luce come il protagonista Aligi rappresenti metaforicamente la figura dell’artista che si estrania dal contesto sociale, in cui rifiuta di inserirsi per la sua insuperabile diversità. Il suo corrispettivo è la donna sessualmente libera, che l’arcaica società patriarcale emargina ingiustamente come prostituta. D’Annunzio da un lato sente il fascino dei due diversi, che entrano in conflitto con l’ordine sociale, ma d’altro lato finisce per celebrare la famiglia tradizionale, in cui fa rientrare l’eroe, dopo l’autoeliminazione del corpo estraneo, la donna. Questa soluzione certo contribuì al grande successo della <em>pièce </em>presso il pubblico borghese, insieme al fascino dell’esotico rappresentato da un Abruzzo primordiale. Ma, dietro l’esotico, il pubblico ritrovava le linee note e rassicuranti del dramma borghese e del melodramma: la vicende di Aligi e Mila ricorda molto quella della <em>Traviata.</em></p>Guido Baldi
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2025-01-132025-01-13917310610.53235//2036-5624/138L’ultimo libro pirandelliano di Ivan Pupo e il soccorso rosso della IA
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<p style="font-weight: 400;">Una lunga recensione dell’ultimo libro firmato da uno dei più brillanti studiosi pirandelliani, Ivan Pupo, di cui in passato Roberto Alonge ha già avuto modo di recensire precedenti contributi. Lo studioso in questione è da sempre interessato alla critica intertestuale, che mette in relazione due diversi autori. Alonge ricorda un memorabile saggio di Pupo, risalente a una ventina di anni fa, che confrontava due drammi, rispettivamente di Pirandello e di Bernstein, con una scaltrita capacità di mettere a fuoco le contraddizioni pirandelliane. Rispetto a quell’esempio di scandaglio, Alonge non riesce a nascondere che quest’ultimo libro di Pupo presenta esiti meno memorabili, per esempio nell’analisi del dramma pirandelliano “Non si sa come”. Chiude il suo intervento osservando in modo un po’ provocatorio che la Intelligenza Artificiale sostituirà presto gran parte dei docenti universitari, impegnati in studi sostanzialmente divulgativi; resteranno pochi, i soli – secondo Alonge – capaci di lavorare nella direzione della <em>close reading.</em> Ivan Pupo potrebbe essere sicuramente uno di questi pochi.</p>Roberto Alonge
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2025-01-132025-01-139110712310.53235//2036-5624/139La vocazione biomeccanica del teatro del Novecento. Excursus storico
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<p>Il saggio sviluppa una proposta teoretica in una concezione estetica sfaccettata, intrecciando teorie filosofiche e pratiche teatrali spazianti da Aristotele a Mejerchol’d e Barba, attraversando Descartes, Diderot, Kleist, Craig e i Futuristi. Così procedendo, si cerca di offrire alcune istantanee di come la dialettica di organico-meccanico, corpo-spirito, uomo-macchina – dualismi essenziali nella storia del pensiero occidentale – permeino e condizionino l’idea del teatro e dell’attore attraverso i tempi.</p>Franco Perrelli
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2025-01-132025-01-139112513210.53235/2036-5624/140Cronache torinesi: Braunschweig e Leonardo Lidi
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<p style="font-weight: 400;">Una lunga recensione di due spettacoli prodotti nel 2024 dal Teatro Stabile di Torino, <em>La vita che ti diedi </em>di Pirandello, messinscena del regista francese Stéphane Braunschweig, e <em>Medea</em> di Euripide, regia di Leonardo Lidi, giovane regista del Teatro Stabile torinese. Il regista francese è uno dei pochi, se non l’unico, ancora vivente e attivo, della grande tradizione dei <em>metteurs en scène</em> cui si deve la fondazione della regia nell’Europa del secondo Novecento, da Strehler a Ronconi. Autore di spettacoli ibseniani mirabili e anche di alcune felici realizzazioni pirandelliane. Meno riuscito invece quest’ultima prova, in parte per la debolezza del testo del drammaturgo siciliano, molto cerebrale e didascalico, ma un po’ anche per i limiti di un cast che non sempre è riuscito a tradurre le indicazioni di una regia interessata ad accostare il testo al filone pirandelliano del cosiddetto <em>teatro nel teatro. </em>Molto interessante e provocatorio l’impianto scenografico della <em>Medea, </em>ma meno convincente la drastica riscrittura del testo, soprattutto nella parte finale, e lo spostamento di asse interpretativo, un po’ gratuito, a mera <em>tragedia d’amore</em>, affidata peraltro a due attori caratteristi di notevole valore, ma impiegati in ruoli primari che non ne esaltano le qualità professionali.</p>Roberto Alonge
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2025-01-132025-01-139113515010.53235/2036-5624/141